21.15
ELECTRIC GUITAR IN MY LIFE
Luca Nostro _ chitarra elettrica
Luca Nostro, chitarrista e compositore, prima chitarra dell’Ensemble di Musica Contemporanea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma propone un propone un repertorio di musica contemporanea per chitarra elettrica, alternato a rivisitazioni di composizioni del periodo barocco e della tradizione dell’opera lirica italiana.
Programma di sala:
– Steve Reich Electric Counterpoint (1987), for electric guitar and tape
– Accursio Antonio Cortese, Punto Nemo per chitarra elettrica, supporto digitale e live electronic #PRIMA ASSOLUTA#, Simone Sfameli regia del suono
– György Ligeti Hungarian Rock (1978) per clavicembalo, arrangiamento per chitarra elettrica di Luca Nostro for 8’ ca
– Domenico Scarlatti, Sonata in Fa minore per clavicembalo K 466, per chitarra elettrica e traccia audio, arrangiamento e adattamento di Luca Nostro 8’ ca
– Alessandro Ratoci Confused Idols and Sexy Killers (2018), for electric guitar and electronics
– Grab it! Jacob TV (1999), for electric guitar and ghettoblaster
22.15
A LELIO, improvvisazioni per chitarra multipla
Marco Cappelli _ chitarra elettrica
“La mia performance “A LELIO, improvvisazioni per chitarra multipla” si articola in tre postazioni, utilizzando materiali molto personali frutto del bagaglio accumulato in anni di pratica della musica improvvisata, con largo uso di elettronica e l’utilizzo di diversi strumenti.”
21.15
STRAGE THINGS
Guillaume Gargaud _ chitarra
Guillaume suonerà una raccolta di brani completamente improvvisati in un ambiente di chitarra acustica estremamente intimo e in relazione all’ambiente circostante.
“L’improvvisazione è un rifugio per spiriti liberi. Un luogo psichico dove tutto deve essere possibile nelle molteplici dimensioni vibratorie delle nostre anime e del nostro subconscio. Colori e armonie si susseguono istintivamente. Gli intervalli si trasformano in un contrappunto. Le frizioni melodiche creano accordi. Consonanza e dissonanza sono alleate. Ogni dettaglio sonoro è una fonte cosmica. L’esperienza deve andare verso l’abbandono e la condivisione”
– Gargaud
22.15
TRINO
Marco Cappelli – Luca Nostro – Guillaume Gargaud
L’esibizione, all’insegna dell’improvvisazione, mette insieme le tre diverse chitarre che si sono esibite nei tre concerti precedenti: quella di Marco Cappelli, di Luca Nostro e di Guillaume Gargaud; tre grandi improvvisatori e avventurieri del suono si incontrano per la prima volta, per condurci in un viaggio ricco di scoperte e sorprese!
Micrographia è un progetto per pianoforte aumentato a quattro mani ispirato al libro “Terraforma. Manuel de cartographies potentielles [= manuale delle cartografie potenziali]” di
Frédérique Ait-Touati, Alexandra Arènes e Axelle Grégoire.
Sette capitoli che indagano sul cambio di prospettiva, sulla relatività della realtà e su diverse visioni di un mondo tratteggiato da prismi “che attraverso la profondità, i movimenti, il punto vista, le periferie, gli avvallamenti, le sparizioni e le rovine, producono conoscenza localizzata e incorporata”.
Dopo essersi confrontato con questa pubblicazione, Sinivia ha sentito il desiderio di lavorare su quelle proposte di mappe sperimentali come si lavorerebbe su un libretto, invitando la stessa Frédérique Ait-Touati a collaborare a questo progetto come drammaturga, grazie il suo contributo da scienziata.
Così, mentre nella sua forma “classica” il pianoforte a 4 mani si limita alla semplice tastiera, l’idea di questo brano è di scrivere una partitura grafica, anche cartografica, utilizzando lo strumento nella sua interezza fisica: un pianoforte a coda circondato da microfoni, ciascuno collegato a un altoparlante, che Blondy e Sinivia manipolano dal vivo come telecamere, permettendo di ascoltare diversi “punti di vista”, creare effetti di zoom, mettere a fuoco, evidenziare, accentuare il rilievo di determinati dettagli e materiali, giocare sulle scale per spostare e invertire lo spazio acustico del pianoforte.
Evento realizzato con il supporto dell’Institut Français di Palermo
Tanto giovane quanto talentuoso, il pianista Gabriele Catalanotto ci condurrà attraverso l’evoluzione della poetica e del gesto al pianoforte, un viaggio nel panorama della composizione europea. Un programma che spazierà da Bach a Berio, offrendo una perfetta sintesi di lirismo e virtuosismo, con accenti di estemporaneità e un attento gioco di contrappunti.
Gabriele Catalanotto
Nato a Palermo nel 1997, si diploma nel 2017 in pianoforte e nel 2019 in musica da camera con presso il conservatorio Alessandro Scarlatti già Vincenzo Bellini di Palermo, in entrambi i corsi col massimo dei voti e la lode.
Proseguendo gli studi e il suo perfezionamento, anche come maestro collaboratore con Fabio Ciulla, si comincia a dedicare all’attività didattica e solistica/cameristica.
Ha completato nel novembre 2020 il corso di perfezionamento triennale solistico e cameristico presso l’Accademia Ludus Tonalis di Riano, ricevendo nello stesso anno una borsa di studio per distinti meriti in occasione del master breve estivo svoltosi a Molfetta, e frequentando contestualmente il Master annuale di alto perfezionamento pianistico presso la Rachmaninov Academy.
Prosegue poi gli studi di alto perfezionamento pianistico a Parma con il Maestro Federico Nicoletta. È impegnato oggi in attività di ricerca, oltre che didattica, frequentando il Dottorato di Ricerca in “Didattica dell’Inclusione Socioculturale attraverso la Musica” presso il conservatorio di Palermo.
La sua brillante carriera si va coronando di premi in concorsi nazionali ed internazionali.
Tra le sue esperienze vediamo: il debutto da solista nel 2019, sul palco del Teatro Massimo di Palermo in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione Lions Club International, il concerto per pianoforte e orchestra n.5 op.73 ‘Imperatore’ di Beethoven diretto dal Maestro Salvatore Barberi con l’orchestra sinfonica del conservatorio Alessandro Scarlatti di Palermo, la selezione per due anni consecutivi per i concerti di Pianocity Palermo, e due concerti per il festival Beethoven, come solista e come camerista.
Attualmente è vicepresidente, e docente di pianoforte e musica da camera presso Accademia Musicale Palermo Catarsi, realtà per cui ricopre anche il ruolo di direttore artistico della stagione di musica classica destinata ai giovani talenti siciliani, e con cui è riuscito a valorizzare il patrimonio culturale musicale palermitano portando alcuni tra i più grandi didatti e musicisti italiani.
Un’ambientazione unica ospiterà il talento straordinario di Megumi Hamaya, organista di fama internazionale, che ci regalerà un’esperienza musicale indimenticabile con un programma ricco e affascinante, che spazia tra diverse epoche e stili.
Dalla musica barocca alla contemporaneità, in un connubio perfetto tra sonorità organistiche e il fascino dell’architettura sacra.
PROGRAMMA DI SALA:
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
Sinfonia dalla Cantata Nr.29 Wir danken dir Gott, wir danken dir”
Heinrich Scheidemann (1596-1663)
Im Himmel hoch da komm ich her WV69
Franz Danksagmüller (*1969)
Estampie
Giovanni Damiani (*1966)
Oriens Origo Organica (1996) Studio/ fantasia su una danza del Trecento
(dal manoscritto di Robertsbridge, estampie I) #
Pablo Bruna (1611-1679)
Tiento de 2 Tono Sobre la letania de la Virgen
Bert Matter (*1939)
Wie schön leutet der Morgenstern Ludwig van Beethoven (1770-1827)
“Adagio” da 5 Stücke für eine Flötenuhr WoO 33/1
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Fantasie f-moll KV608 – “Ein Orgelstück für eine Uhr”
Nato dalla collaborazione tra il flautista Eric Drescher e il compositore Peter Ablinger, e originariamente concepito come esperimento per soli supporti sonori e non per concerti dal vivo, “Against Nature” è oggi un progetto per flauto esteso che esplora il suono attraverso tecniche innovative e inusuali, sfidando i confini tra performance dal vivo e riproduzione sonora.
Immaginare un’orchestra composta da 79 flauti glissando o 72 flauti ultrasonici, sembrava un’idea impossibile da realizzare dal vivo. Ma con il tempo, il progetto ha preso vita, esplorando la dialettica tra il solista e la collettività, tra il modello unico e la copia di massa.
Il concerto si presenta dunque come un’ibrida fusione di performance dal vivo e registrazioni, giocando sulle deviazioni dal determinato e sulle sfumature di imprecisione, offrendo un’esperienza sonora unica, dove la notazione tradizionale lascia spazio alla libertà creativa. Un’altro esperimento che invita l’ascoltatore a riflettere sulle possibilità infinite del suono.
AUTOBIOGRAFIA Ceci n’est pas une/mon autobiographie
Che cos’è un’autobiografia? Quali sono le traiettorie che consentono di attraversare – nel tempo scenico di un dispositivo – una produzione artistica ventennale? Quali i dati reali, quali le finzioni. Cosa c’è di vero e cosa viene falsato dalla memoria e dalla condizione performativa.
Tra performance e auto-documentario, l’unico dato reale rimane il corpo dell’artista, ostinatamente in scena, unico generatore di un proprio vocabolario, di ogni immaginario. Deposito organico. Così Giovanna Velardi espone sé e la propria storia artistica in frammenti di costrutti coreografici che nel flusso di una nuova narrazione mancano e falsano i propri significati.
Un tunnel nel privato, nel sotterraneo della memoria autoriale.
GLEAM in inglese ha il significato di Bagliore, Illuminazione, Scintilla, e si riferisce alla capacità del Suono di evolversi istantaneamente in infinite mutazioni continue.
Superando il dualismo che finora ha considerato la composizione dell’opera musicale e la sua esecuzione come momenti separati, distinguendo nettamente la funzione del compositore e dell’esecutore, elaboriamo un percorso di ricerca, composizione ed esecuzione da compiere insieme, senza distinzione di ruoli creativi, mettendo in sinergia le nostre esperienze di musicisti e lavorando insieme alla realizzazione del brano musicale, ognuno con le sue competenze e grazie a un’interazione reciproca profonda.
Il lavoro di creazione musicale in un concerto di GLEAM parte sempre ed esclusivamente da suoni concreti generati dal vivo dal respiro, dal soffio che i flauti e i tubi risonanti trasfigurano in continue variazioni. Attraverso l’azione performativa di elaborazione in tempo reale, il Suono viene trasferito nella dimensione digitale per essere amplificato, ritardato, sovrapposto, moltiplicato, spazializzato e divenire così una forma più complessa, a sua volta diffusa immediatamente nell’ambiente come stimolo per il flautista e l’interprete elettronico per generare una nuova interazione con il loro stesso suono.
Tra di noi si produce in questo modo un feedback continuo, dove il materiale sonoro prodotto da ognuno è di continua ispirazione e variazione per l’altro. Composizione ed esecuzione si fondono in un tutt’uno, in una continua invenzione musicale istantanea.
Tutto questo è frutto di un affiatamento perseguito attraverso una ricerca iniziata da vari anni e che solo nel momento del concerto, e grazie alla determinante partecipazione emotiva del pubblico, diviene composizione musicale.
Architetture del suono e scambi di atmosfere attraverso il controllo timbrico tipico della musica elettronica di matrice europea. Un viaggio sonoro immersivo che unisce sintetizzatori analogici, percussioni e oggetti insoliti come radio, ventilatori e trapani elettrici. Un’esperienza che annulla la percezione dello spazio e del tempo, trasportando gli ascoltatori in un “mondo onirico” tra natura e tecnologia.
Celebriamo l’arte dell’improvvisazione e la genialità di uno dei suoi maestri!
Chi era il direttore e compositore “Butch” Morris? Che cosa lo spinse a ideare un “lessico” di gesti per dirigere l’improvvisazione d’ensemble, chiamato Conduction? A chi si rivolge questa pratica e quali sfide pone a partecipanti di diverso orientamento musicale? In che modo la Conduction può arricchire la musica d’insieme, tra e oltre i generi musicali?
Ne parleremo con Daniela Veronesi, curatrice del manuale postumo di Morris L’arte della Conduction, pubblicato di recente anche in italiano, in dialogo con Luca Nostro, Benedetto Basile, Valerio Mirone e Marco Crescimanno. L’incontro è aperto a tutti gli interessati.
Morris, L.D. (2024), L’arte della Conduction (a cura di D. Veronesi), LIM, Lucca
Concepito ad un tempo come un’introduzione teorica e una guida pratica per direttori d’orchestra, compositori, strumentisti e docenti di musica, L’arte della Conduction (pubblicato postumo in lingua inglese nel 2017 come The Art of Conduction – A Conduction® Workbook e qui tradotto in italiano) teorizza e illustra la “Conduction”: la pratica di improvvisazione condotta – con o senza parti scritte – che Lawrence D. “Butch” Morris ha ideato e affinato nel corso della sua carriera musicale, e che viene qui presentata in modo esaustivo a partire dai segni e dai gesti che ne stanno alla base.
La Conduction sviluppata da Morris, è un “lessico” di gesti che permette al direttore d’orchestra di guidare improvvisazioni collettive senza partitura scritta. La sua influenza ha toccato numerose comunità musicali in tutto il mondo, e l’Italia è stata una delle prime a abbracciarne le potenzialità.
A contestualizzare l’ampia sezione dedicata al “lessico” gestuale della Conduction come pure le riflessioni di Morris che la introducono, il volume si apre con alcuni brevi testi di impianto critico, musicologico e biografico sull’opera del maestro, offrendo poi delle indicazioni pratiche per direttori e docenti interessati a utilizzare la Conduction con i propri ensemble.
Corredano infine l’opera, accanto a frammenti tratti dai taccuini di Morris, una cronologia e una discografia delle Conduction che il direttore statunitense ha realizzato tra il 1985 e il 2011, con dettagli sui musicisti che vi hanno partecipato e sulle registrazioni attualmente disponibili.
Lawrence D. “Butch” Morris (1947, Long Beach – 2013, New York), direttore d’orchestra, compositore, arrangiatore, cornettista e ideatore della pratica di improvvisazione condotta che va sotto il nome di Conduction®, è considerato a livello internazionale come uno dei principali innovatori all’intersezione tra jazz, nuova musica, improvvisazione e musica d’arte contemporanea. A partire dagli anni ’70, Morris ha utilizzato la Conduction con le più diverse comunità musicali, diffondendone la conoscenza in innumerevoli paesi, tra cui in primo luogo l’Italia.
Daniela Veronesi è ricercatrice di linguistica presso la Libera Università di Bolzano. Tra i suoi principali ambiti di ricerca figura lo studio dell’interazione sociale in contesti educativi e multilingui, come pure in ambito musicale e radiofonico. Dal 2002 al 2013 ha collaborato con “Butch” Morris come traduttrice e interprete, sviluppando così uno specifico interesse per la Conduction®, che ha analizzato da una prospettiva linguistica e multimodale. È curatrice del manuale di Morris The Art of Conduction – A Conduction® Workbook (2017, Karma, New York), pubblicato ora anche in lingua italiana (L’arte della Conduction, 2024, LIM, Lucca).
Improvvisazione radicale sulle molteplici espressioni grafiche che, nel secolo scorso, hanno contribuito a cambiare il modo di intendere e fare musica in Occidente. Il nome rimanda al concetto di “trasduzione”, qui intesa come trasmissione dell’energia creativa dalla sfera conscia a quella inconscia e viceversa.
Fondato da Benedetto Basile (flautista, performer, conductor e (non)compositore che da oltre un decennio dedica la sua ricerca alle relazioni esistenti tra processi creativi razionali e intuitivi), il Transduction Project Ensemble esplora le molteplici espressioni della creatività contemporanea. Il nome del gruppo rimanda al concetto di “trasduzione”, qui intesa come trasmissione dell’energia creativa dalla sfera conscia a quella inconscia e viceversa, secondo l’idea che l’improvvisazione (in senso ideale e assoluto) vada intesa quale effetto di un processo psico fisico di natura fluida connesso all’attività dell’inconscio, mentre la composizione, di contro, è frutto di un’attività organizzativa di tipo razionale il cui prodotto è fissato rigidamente attraverso la scrittura.
La relazione tra fluidità e fissazione dei modi del comportamento musicale possono, così, essere intesi quale espressione di quella polarità di opposti che nel processo alchimistico junghiano devono essere congiunti, al fine della scoperta della totalità del Sè. Transduction è, inoltre, il nome che Benedetto Basile ha dato al proprio sistema di scrittura (filiazione naturale della Conduction® di Butch Morris), concepito come ausilio per attivare ed esplorare le potenzialità di queste due modalità di espressione creativa.
Il gioco di parole del titolo della performance rimanda a più livelli interpretativi della stessa. Di seguito alcuni di questi (in ordine de-razionalizzante e da non prendere troppo sul serio):
- Razionale didascalico: l’utilizzo rigido e libero di materiali cageani inteso in senso strutturale o a-strutturale.
- Metaforico – riflessivo: La relazione tra improvvisazione e composizione. La necessità dell’attività definente da parte della ragione, al fine di non perdersi nel magma indifferenziato dell’attività creatrice.
- Metaforico: l’utilizzo di materiali musicali, verbali, concettuali cageani in maniera rigida o libera diviene riflessione sulle gabbie e i vincoli che limitano i nostri comportamenti o la nostra visione dell’esistente.
- Analogico – simbolico: la lotta tra i poli opposti dell’esistente e i tentativi di conciliazione degli opposti.
- Proiettivo: tutto quello che il pubblico vi vedrà che vada oltre la nostra immaginazione e che noi, fin da ora, sottoscriviamo in toto pur non avendo idea di cosa si tratti.
- Folle: l’esatto contrario dei precedenti punti o la loro negazione. Inoltre tutto ciò che di non previsto, non voluto e non desiderato accadrà durante la performance.
Il tutto sotto lo sguardo più o meno distaccato del compositore che amava andare a funghi.
GLOSSARIO DELL’ARCIPELAGO
Programma di sala:
Bruno Maderna – Musica su due dimensioni, per flauto e nastro magnetico (versione 1958)
Luciano Berio – Sequenza I, per flauto solo (1958)
Luisa Valeria Carpignano – C’è una soglia. per flauto solo
Giovanni Damiani – Glossario dell’arcipelago (prima assoluta integrale) per flauto solo (2016)
Kaija Saariaho – Laconisme de l’aile, per flauto e live electronics (1982)
Steve Reich – Vermont Counterpoint, per flauto e tape (1982) (pre-recorder tape, Alessandro Lo Giudice)
Anticipati dal solo di Edoardo Marraffa, e poi condotti dallo stesso, un ensemble di 21 musicisti si riuniranno per celebrare l’anima fondatrice di Curva Minore e lo faranno seguendo la ricetta originale: unione, curiosità, dedizione…e follia!
“NOI NON SIAMO ROBINSON CRUSOE perchè siamo estranei alle robinsonate, perchè crediamo nella socialità e nella storia, ed in questo caso ci accingiamo a ricordare, con un lavoro di tessitura collettivo fatto di improvvisazioni che parlano del reale e di frammenti di bellezza che questi due ci hanno lasciato, il lavoro che sempre Lelio e Tristan, nei modi a loro peculiari, hanno fatto per condividere cultura, saperi e godimento.”
– E. Marraffa